Siccità: la consapevolezza del raccontare
Le meravigliose giornate di cui stiamo godendo ci fanno pensare alla bellezza ma anche ad un tema che non possiamo dimenticare: la siccità.
Nel quotidiano, nella Natura, nell’arte, la siccità è presente e si esprime con la mancanza e la trasformazione.
È giusto iniziare con una citazione di Guterres (il quale è a capo dell’ONU) in merito all’ultimo rapporto ‘United in Science 2020’: “A causa delle emissioni passate, siamo vincolati ad un ulteriore riscaldamento”.
Periodi corposi di siccità, ondate di caldo, incendi e inondazioni: un copione che si è svincolato dall’emergenza sanitaria, continuando il proprio trend positivo. Una proposizione da rivista scientifica ma impossibile non evidenziare come la questione sia importante e fondamentale. Il riscaldamento della Terra c’è ed è in costante aumento. Ed è il cambiamento climatico unito alle condizioni di scarsità delle riserve d’acqua intese come ghiacciai, oceani, vapori a destare preoccupazione.
Vi è la consapevolezza di quanto il problema sia grande e grave ma il velo che blocca il poter operare, è massiccio. In Europa si sono susseguite due Estati (2018 – 2019) di siccità e questo ha provocato uno stress ingente sulla vegetazione e sull’agricoltura. Il pensare che si protragga senza porre alcun impedimento, senza rivedere l’uso di combustibili fossili favorendo le energie rinnovabili e le nuove metodologie, fa abbozzare uno scenario temibile, circa la sorte di aree verdi e la disponibilità dell’acqua.
La siccità porta ad una mancanza ed una trasformazione: quello che oggi per noi è il Deserto del Sahara, migliaia di anni fa era una foresta tropicale con una vegetazione ampia e variegata!
In un periodo collocabile tra 4000 e 5000 anni fa, il Sud-Est asiatico fu provato dalla mega-siccità: questo profondo mutamento climatico stressorio pose fine al ‘Sahara verde’ (detto periodo umido africano) inaugurando la regione desertica per come la conosciamo oggi dorata, desolata, rivelata, sontuosa, provocatoria.
Gli studi che si sono svolti mostrano come il minor numero di piante nel Sahara causò un aumento della polvere nell’aria con conseguente raffreddamento dell’oceano Indiano. Ciò influenzò cambiamenti nei fenomeni correlati ai monsoni che diminuirono. Pioggia e umidità rallentarono: un cambiamento durato per 1000 anni e più. Infine il Deserto.
Impiegare energie alternative che consentano di ridurre le emissioni di gas, salvaguardare i polmoni verdi e i piccoli fazzoletti di alberi che rappresentano piccole perle di ossigeno, programmare interventi di ripopolazione nelle aree in cui la presenza di piante possa favorire un bilanciamento nell’ecologia di sistema.
Manca un elemento importante: raccontare! Raccontare che l’Uomo può intervenire positivamente accettando la volontà della Natura che necessariamente cambia aspetto. Lo insegna la Storia. La siccità non ha derivazione solo artificiale ma una componente è di stampo naturale. Su questo ultimo punto l’uomo non può intervenire ma può agire con strumenti che realizzano un ‘effetto tampone’ su ciò che è salvabile e curabile.
Ci sono delle musiche e delle opere che trasmettono aridità: lì vi è quel periodo di profondo turbamento, quel riscaldamento o raffreddamento dell’animo che sfocia e sconfina nella muta. Il tratto di deserto che ne uscirà, verde o dorato, è la risultante di un processo necessario. Se guidato, con l’effetto tampone -come accennato sopra- avrà una potenza di gran lunga più coinvolgente, senza che via sia un’implosione dell’anima!
La Natura cambia la forma, è nella sua essenza, non muta in ciò che è per l’Universo: energia genitrice.
erica g.